Francesco Jordano Ciclo di dipinti
Lavanda dei piedi: cm 164×196 – Ultima Cena:cm 164×196 – Trinità: cm 60×130
Sec. XVIII
Olio su tela
Santa Severina, Museo Diocesano di Arte Sacra
Nel salone degli stemmi del Palazzo Arcivescovile di Santa Severina, è conservato un mini ciclo di opere pittoriche attribuite alla mano di Francesco Jordano, artista originario di Petilia Policastro, conoscitore della scuola napoletana settecentesca. Pittore che lavorò per i soffitti del Castello di Santa Severina, probabilmente come capo bottega dell’ala est dei saloni nobiliari; fu attivo anche nei paesi limitrofi con commissioni sia ecclesiastiche che private come a Mesoraca e a Petilia Policastro. In realtà i dipinti conservati nel Museo Diocesano attribuiti al Jordano sono quattro, in quanto vi è conservata anche una tela molto interessante della Natività di Maria, firmata in basso a destra dall’artista calabrese. Ma noi esamineremo due tele polilobate, abbastanza grandi, realizzate per essere inserite nel soffitto della sala degli stemmi: la Lavanda dei piedi e l’Ultima cena oltre ad un piccolo riquadro rappresentante l’immagine della Trinità, affisso sopra l’architrave della porta d’accesso che collega il Palazzo Arcivescovile e la Cattedrale di Santa Anastasia. La Lavanda dei piedi è un dipinto, ancora oggi affisso al soffitto nella parte destra del salone, in cui fulcro centrale della scena è caratterizzato dalla figura di Gesù Cristo inginocchiato nell’atto di lavare i piedi a San Pietro, che confuso e imbarazzato, quasi tenta di scusarsi per quello che stava accadendo. L’aureola di Cristo è posta quasi al centro della composizione, attirando l’attenzione dello spettatore grazie alla sua luminescenza. L’ambientazione è rappresentata all’interno di una stanza con una grande finestra sulla sinistra e un drappo verde che copre la parete di fondo dal centro verso destra. Gli apostoli sono quasi tutti in piedi davanti al tavolo che con attenzione osservano il gesto simbolico del loro Maestro. Tra i personaggi si riconosce anche San Giovanni Evangelista in piedi, sbarbato con una tunica verde e un manto rosso e sulla sinistra di spalle si intravede Giuda Iscariota che con nervoso disagio cerca di parlare con un altro discepolo. La tela è rinchiusa in un una cornice mistilinea dipinta su muro a decorare il soffitto insieme all’altro dipinto, l’Ultima Cena, che in realtà è esposta
come opera singola nel piano inferiore del Museo Diocesano. Infatti l’altro riquadro attualmente è vacante, dal momento che la tela ha avuto bisogno di un intervento di restauro nel 2007 per diversi problemi che ne avevano danneggiato la conservazione. Tuttavia, l’opera presenta il famosissimo racconto dell’Ultima cena in una stanza quasi identica a quella della Lavanda dei piedi, con la finestra aperta facendo intravedere il fogliame di un albero e sempre il grande drappo verde in diagonale sulla parete di fondo. La scena è arricchita da una lampada accesa sorretta da catenelle al soffitto al centro della camera, in corrispondenza sul tavolo è appoggiato il calice di vino e più sotto un’anfora color verde e ocra posta sul gradino, quasi a creare una linea immaginaria che divide la scenografia. Gesù Cristo, in questo caso è seduto, di lato a sinistra con in mano il pane nell’intento di pronunziare la preghiera di benedizione, rivolgendosi verso gli apostoli. La scena è movimentata dai vari gesti dei discepoli che posti tutti sulla stessa linea di composizione osservano e ascoltano Gesù. Sul tavolo, coperto da una tovaglia bianca, il quale suggerisce un minimo di prospettiva, oltre al pane si
identificano altri cibi, una forchetta e un coltello. Sullo scalino in basso al centro s’intravede la firma di Francesco Jordano e una frase molto rovinata (DETESEIT INFANDUM SCELSUS IN RER POCULA,
VERBUM: / HORRESCUNT FRATRES: PRODITOR…- FRANCUS J.RDAN…), come del resto la lettura di tutta l’opera è stata compromessa da un restauro forse un po’ troppo invadente. Invece, il dipinto della Trinità, di dimensioni più piccole, posto sopra l’architrave della porta a destra del grande camino, è caratterizzato dalle figure del Padre e del Figlio che osservano, dall’alto delle nuvole, l’operato degli uomini accompagnati al centro dalla colomba dello Spirito Santo. L’Eterno Padre è raffigurato come un uomo anziano barbato avvolto in un manto grigio e con la mano sinistra che sorregge uno scettro appoggiato sul globo, Gesù Cristo alla sua destra è rappresentato a torso nudo coperto soltanto da un himation blu che si apre riempiendo gran parte della tela sinistra. Entrambi con la mano destra indicano verso il basso, seguiti dai loro sguardi. Questo mini ciclo realizzato per decorare il salone degli stemmi del Palazzo Arcivescovile di Santa Severina, probabilmente fu un lavoro eseguito da Francesco Jordano, il quale nella metà del XVIII secolo era diventato il maestro di riferimento sia per la corte del Castello che per le richieste della curia arcivescovile. Tutte i lavori, forse, essendo costruiti per l’esposizione da lontano hanno delle lacune tecniche abbastanza evidenti, ma sono legate indissolubilmente sia per la storia contigua che raccontano che per il modello figurativo.