Ignoto pittore fiammingo
Santa Rosalia presentata dalla Vergine alla SS. Trinità
Olio su tela – Sec. XVII – Misure: cm 100×75
Museo Diocesano di Arte Sacra di Santa Severina
La tela raffigura la scena della presentazione di Santa Rosalia alla Santissima Trinità accompagnata dalla Vergine. È un interessante dipinto che rimanda temi e modelli della tradizione figurativa, facente parte questa probabile quadreria del palazzo arcivescovile di Santa Severina. È un’opera che nel tempo, ha avuto solo pochi studi e quindi povera di notizie storiografiche importanti, risultando un lavoro eseguito, verosimilmente nel secolo XVII da un’artista di scuola fiamminga, preparato nell’imitare grandi autori del circuito internazionale, relativo alle commissioni nobiliari ed ecclesiastiche dell’Italia meridionale.
Gesù Cristo si presenta a torso nudo, in un elegante chiaroscuro, avvolto da un himation rosso con le braccia aperte. Ad accoglierlo, inginocchiata, è rappresentata Santa Rosalia, in abito francescano, con i capelli biondi lunghi e sciolti, presentata dalla Madonna, vestita con un manto blu oltremare,. In alto si riconosce la figura di Dio Onnipotente ritratto con la mano sinistra sopra il globo e la destra che regge uno scettro, affiancato dalla colomba dello Spirito Santo che si vede spuntare in alto a sinistra.
Non a caso, Giorgio Leone1 collega questo dipinto alla scuola di Antoon Van Dyck, in quanto è conservata all’Hermitage di San Pietroburgo un’Apparizione di Gesù Cristo ai discepoli, opera datata tra il 1624 e il 1625, attribuita proprio al maestro fiammingo che a sua volta era stato ispirato dalla parte centrale del trittico di Peter Paul Rubens2. Van Dyck realizzò il dipinto durante un suo soggiorno in Italia, precisamente arrivò a Palermo nel 1624 dove dipinge più volte l’immagine di Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano3. È solo un’ipotesi, ma il dipinto del Museo Diocesano di Santa Severina entra con ogni probabilità nell’impostazione scenografica delle opere citate, presentando altri personaggi, oltre una tavolozza di colori più semplice; purtroppo privo di documenti o note che potevano, almeno, indicare la committenza e la destinazione d’uso. Pertanto, le ridotte dimensioni e la scena di carattere devozionale possono suggerire “soltanto” che quest’opera venne utilizzata come quadro da camera, voluto probabilmente dall’Arcivescovo dell’epoca.